ZIO SAM – Italia Rossa (e libera) bonus track giorno 47

In Casa Altizio il 25 aprile ha sempre avuto un immaginario condito da altri ricordi rispetto alla maggioranza di tutti coloro che, durante la guerra, abitavano a nord della Linea Gotica.
Mia madre e mio padre, entrambi classe 1935, lei di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, e lui di Minervino Murge, tra Bari e Barletta, hanno visto e vissuto un’altra guerra. Ed era diversa anche quella che si raccontavano tra loro.
La famiglia di mia madre è stata travolta dallo sbarco di Salerno del 9 settembre ’43, con i tedeschi che, bava alla bocca, cercavano di resistere. La fuga repentina da casa, la paura delle ritorsioni, un po’ di giorni sfollati alla Badia di Cava. E poi il ritorno in una casa che era diventato un bivacco per i tedeschi in fuga.
La famiglia di mio padre, persa nelle Murge, lontano da tutto, vedeva i bagliori dei bombardamenti, gli aerei che passavano alti. I paesani pregavano la Madonna del Sabato che tutto finisse presto e che i figli in guerra chissà dove, tornassero a casa perchè i campi avevano bisogno di braccia.
 
La loro guerra vista con gli occhi di un decenne, però, per quanto diversa, aveva una parola in comune: FAME. E io che avevo poco più della loro età di allora quando li ascoltavo, sentivo un brivido lungo la schiena che non finiva mai. La guerra per me era paura e fame. Tanta paura e tanta fame.
A mettere fine ai racconti dell’orrore, per fortuna, c’era, puntuale e a ritmo di fanfara, l’arrivo dello Zio Sam, che sì aveva dato un calcio in culo ai fascisti e ai nazisti, ma aveva soprattutto portato  cibo. Tanto. Insperato. E dal gusto spesso sconosciuto.
Lo Zio Sam (questo vale sia per i ricordi di Rosa, che per quelli di Rocco) era un soldato nero e alto, anzi altissimo. E sebbene all’inizio facesse una paura del diavolo, alla fine si rivelava sempre buono. Buono come la cioccolata extra fondente che elargiva a piene mani (mia madre) o come la scatola di latta piena di würstel immersi in una specie di salsa di pomodoro (mio padre).
Era finita la fame, era finita la guerra. E da allora, Rosa e Rocco, vissero felici e contenti, cucinando sempre come se non ci fosse un domani e facendo del cibo straripante un pilastro inalienabile della nostra vita familiare. Mia madre una volta è anche andata da un dietologo. Secondo me se lo è mangiato.
Nutrizionista e vegano, per me, sono categorie del pensiero, non persone.
Sarà per questo che ogni volta che un guru dell’economia post moderna urla festoso, con piglio motivazionale degno di miglior causa “stay hungry stay foolish” gli tirerei uno schiaffo. No due. Uno da parte di Rosa e uno da parte di Rocco.
Buona Settantecinquesima Festa della Liberazione.

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