Noi siamo una famiglia. Lo siamo da quando abbiamo più o meno tredici, quattordici anni. Siamo cresciuti insieme all’oratorio, all’ombra di un campanile, come si faceva un tempo.

Come in tutte le famiglie c’è stato un momento in cui ci siamo allargati, e sono arrivate mogli, mariti, figlie e figli. Ci sono stati periodi nei quali ci siamo anche ristretti. Le famiglie a volte pesano, sono ingombranti, non le sopporti più. Qualcuno, infatti, non lo vediamo da tempo, ha fatto perdere le tracce, ma era e rimane “uno di famiglia”. Se torna ci ritrova tutti lì, come niente fosse successo, con nulla da spiegare, nulla da giustificare.

Insieme abbiamo macinato e maciniamo amori, incomprensioni, amicizia vera, ricordi, progetti, dolori, gioie, vacanze, lavoro, birre, pizze, feste, chiacchiere.

Abbiamo condiviso matrimoni, battesimi, anniversari, ricorrenze, ma ora ci tocca condividere un lutto. Di nuovo. Lo abbiamo fatto l’estate scorsa, dobbiamo farlo, di nuovo, oggi.

È faticoso non perchè “se ne vanno sempre i migliori“, ma perchè se ne va uno di famiglia. Uno di noi. Uno di quelli con cui abbiamo iniziato a diventare amici, tribù, famiglia.

Sappiamo di poter contare l’uno sull’altro, sempre. Lo sappiamo, ne siamo consapevoli, lo viviamo. Non serve dirlo, ripetercelo, ricordarcelo. È così e basta.

Per questo oggi è dura, dura come lo è stato a luglio. È doloroso salutare uno di famiglia, che qui lascia noi, ma anche e soprattutto una figlia e una moglie. E un mondo di affetti familiari, di lavoro, di interessi quotidiani.

Lo abbiamo intuito a luglio, oggi ancora di più: il tempo passa, le cose accadono e sono imprevedibili, e a volte sono bastarde fino al midollo.

La nostra unica forza è continuare a essere famiglia. Nella buona e nella cattiva sorte.

Ciao Dado.