Lo hai dichiarato mercoledì 9 gennaio, tracotante come al solito, mentre eri in visita in Polonia, per tessere alleanze in vista delle prossime elezioni europee: “Cedere a scafisti e ONG è un segnale di debolezza“. Jerk.
Scafisti e ONG, per uno come te, che non sa dove siano finiti 49 milioni di euro di rimborsi elettorali, sono in effetti difficilmente distinguibili. Usano le barche, stanno in mare, ergo sono la stessa cosa. Jerk.
Tra una settimana, Jerk, partirò al seguito di una ONG torinese, destinazione Africa centrale, proprio al crocevia delle rotte della migrazione verso nord. Proverò a raccontare i progetti che quella ONG sta portando avanti per “aiutare a casa loro”, coloro che vorrebbero lasciare tutto e tentare la fuga verso l’ Europa, e per dare accoglienza ai tanti che dalle coste libiche non riescono a partire e fanno ritorno, senza più denaro, speranze, energie, verso casa.
I miei compagni di viaggio, Jerk, ficcatelo in quella testa da selfie, non sono delinquenti. Gli scafisti sì. I miei compagni di viaggio, Jerk, non si arricchiscono sulla pelle della povera gente, gli scafisti sì. Pensaci quando addenti su Instagram il dolce della nonna.
Le ONG che solcano i mari, che lavorano in Africa, che rischiano quotidianamente la pelle per dare una mano a chi ha la sola colpa di desiderare un futuro migliore per sé e la propria famiglia, non hanno nulla in comune con chi organizza le tratte di essere umani nel Mediterraneo. Jerk.
Vedi, in vita tua non hai mai davvero lavorato un giorno. Ti sei solo dedicato (pur essendo tu Jerk un classe 1973), alla nascita del Partito Comunista Padano, al consolidamento della Banca Padana, della radio e del giornale della Padania, hai fatto le gite per bere l’acqua del Dio Po e mangiare le costolette di maiale ai raduni di Pontida, hai fatto l’ultras allo stadio inneggiando al potere salvifico del Vesuvio. Hai fatto il parlamentare, il consigliere comunale, l’europarlamentare. E sempre a spese mie. Anche mie. In nome di una realtà, la Padania, che esiste come Topolinia.
Ed ora, Jerk, tu che con il denaro pubblico hai inneggiato a una Stato che non trovi nemmeno su Risiko, sei Ministro dell’Interno del mio Paese. E pontifichi, tra un selfie e un tweet, idiozie giganti, osannato da folle plaudenti, su un fenomeno epocale, complesso, che occuperà parecchie pagine dei manuali di storia che verranno, e di cui non sai una beata mazza: la lenta fine di un’epoca.
Tra una settimana partirò al seguito di una piccola spedizione di cooperanti italiani, orgoglioso di farlo, consapevole del senso del loro lavoro. Un lavoro che costa immensamente meno di quanto ci costi tu, ma che vale immensamente di più.
Porterò con me, in Africa, anche una piccola certezza, che tu, caro Ministro dell’Interno, tu sei Jerk. Profondamente Jerk.
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