Ramy aveva 19 anni, Mauro ne ha oggi 23 e Sara 20.
Le loro storie le conosciamo bene. Ramy è morto durante l’inseguimento dei Carabinieri dopo aver violato un posto di blocco in sella a una moto, Mauro è seduto su una sedia a rotelle da quando, due anni fa, è stato colpito da una bici elettrica del peso di ventitré chilogrammi piombatagli dall’alto, Sara faceva parte di quello sciagurato gruppo che ha reso Mauro tetraplegico. Due giorni fa è stata condannata a 16 anni di reclusione
Tre vite ventenni spezzate. Una in modo definitivo.
L’INCUBO DI UN PADRE
Al di là di ogni considerazione giuridica che sono troppo al di sopra delle mie possibilità, c’è una domanda che torna, che è il mio incubo di padre: se fosse capitato a me? Se capitasse a me? Se uno dei miei figli si fosse trovato o si trovasse in mezzo, vittima o carnefice, in una di queste storie, come reagirei?
Dietro giovani vite che implodono, ci sono famiglie che implodono. Il gorgo non risparmia e non distingue. Che tu sia madre o padre di un colpevole o meno, non hai altra scelta che scendere nell’abisso accanto al sangue del tuo sangue.
Rimane la domanda: se io fossi il padre? Ho letto le dichiarazioni di quello di Ramy, di Mauro e della madre di Sara. Ho provato a mettermi nei loro panni, a seguire il filo del dolore che parola dopo parola si manifesta, e sento che se toccasse a me potrei non farcela. Che la rabbia, il dolore, l’incredulità, forse anche la sete di vendetta, mi annienterebbero. Immobile di fronte alla tragedia. Annegherei, semplicemente, nei miei sensi di colpa e nella certezza di avere fallito come genitore.
UN LIBRO CHE FA LA DIFFERENZA
C’è un libro, magnifico, scritto qualche anno da Nicola Lagioia. Lo cito sempre quando sfioro questo tema. Si intitola La città dei vivi, pubblicato da Einaudi nel 2022. “Il libro – scrive l’editore sul suo sito – è una profonda ricostruzione dell’omicidio di Luca Varani, avvenuto a marzo 2016, da parte di Manuel Foffo e Marco Prato, due ragazzi di buona famiglia. Un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro pochi giorni prima.” Inspiegabile, inimmaginabile.
È stata una lettura sconvolgente, ma utile. La vita ha il privilegio dell’imprevedibilità, solo che l’imprevedibilità è materia delicata. Fino ad allora non ho mai pensato ai miei figli come possibili colpevoli. Mai. Sono figli di buona famiglia, hanno due genitori piccolo borghesi, colti, impegnati nel sociale. Automaticamente al sicuro dalle cazzate che a sedici, venti, venticinque anni si fanno. Un grave errore di prospettiva.
È SOLO QUESTIONE DI FORTUNA
Attorno a questi fatti di cronaca si sono scatenate e si scatenano polemiche. La morte di Ramy è diventata anche l’occasione per manifestazioni di piazza violente contro le forze dell’ordine. Sono tutte conseguenze in qualche modo prevedibili. Ciò che non è prevedibile, per un padre e una madre, è vedere il proprio figlio o la propria figlia perdersi per sempre.
Sono fortunato ad essere arrivato fin qui, di avere due figli quasi del tutto fuori dalla zona rossa dell’età nella quale pensi di sapere tutto, potere tutto, di essere invincibile, intoccabile. Di essere il più furbo, scaltro, protetto, sicuro. Sono fortunato a non essere parte di una famiglia che implode. E osservo silente chi non ha avuto la stessa fortuna.
Da insegnante e antropologa purtroppo la zona rossa non ha un limite di tempo: pensa ai casi in cui un essere umano ne uccide un altro per ragioni futili. Non c’è un’età. Purtroppo l’istituzione primaria (i genitori) delle attuali generazioni, dà la colpa agli altri e mai ai propri figli, sempre pronta a puntare il dito sugli altri e i figli hanno dai 4 anni in su. C’è anche un altro ostacolo: tu puoi essere un genitore in gamba che insegna dei valori ma i figli si fanno trascinare dai propri coetanei. Purtroppo è una questione di fortuna.
Leggerò “la città dei vivi” grazie per il suggerimento
Grazie per il commento Linda e grazie soprattutto per avere letto. Vero, l’età non è un discrimine. Mi consola vedendo che almeno fino a questo punto mi è andata bene. 🙂