QUELLI CHE NON VOLTANO LE SPALLE

I numeri sono stati diffusi qualche settimana fa dall’Osservatorio Stranieri , che è coordinato dalla Prefettura di Torino. Lo studio annuale dell’Osservatorio ci dice che dieci torinesi su cento sono cittadini stranieri.

Il dato complessivo è interessante perchè è in leggero aumento rispetto all’anno precedente (+ 6mila) e, visto che per la prima volta dopo parecchi anni, il calo di residenti nel capoluogo piemontese ha leggermente invertito la tendenza, si ha la sensazione che a sostenere la demografia cittadina siano soprattutto le comunità straniere.

Un’altra prova (l’ennesima) che l’Italia ha (molto) bisogno dell’immigrazione.

Da qualche mese il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, torna spesso su un tema che è anche (forse soprattutto) di civiltà: il riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati in Italia da cittadini stranieri, che per lo Stato non sono italiani fino al compimento del diciottesimo anno di età e solo dietro espressa volontà. Come dire: se proprio ci tieni parliamone, ma se fosse per me (Stato Italiano) straniero sei e tale rimani. Questione di sangue, ius sanguinis.

Uno studente su 4, sotto la Mole, è senza cittadinanza. Il 22 novembre scorso, al quotidiano La Stampa, Lo Russo ha dichiarato: “Nelle scuole primarie della nostra città ci sono 25 mila bambini italiani e quasi 9 mila stranieri. Ma di questi alunni senza cittadinanza, quasi l’80% è nato sul nostro territorio. Stesso discorso per le scuole secondarie di primo grado (le medie, ndr): su 23 mila ragazzi ci sono 17.500 italiani e 5.150 stranieri, di cui quasi 4 mila sono qui già dalla nascita. Parliamo di bambini che vivono gomito a gomito insieme con i loro coetanei, giocano con loro, studiano con loro la nostra storia, la nostra letteratura, imparano a coniugare correttamente i verbi della lingua italiana. Ma sanno di non essere italiani. A questi bambini voltiamo le spalle“.

Oltre 22 mila lo scorso anno.

Sebbene sia già di per sé gravissimo, noi non voltiamo le spalle solo a loro. Negli ultimi otto anni sono arrivati in Italia, attraverso le rotte migratorie, oltre 22 mila ragazzi e ragazze minorenni. Il 2023 è stato l’anno con l’afflusso più alto.

Se avete visto Io Capitano di Matteo Garrone avete il profilo perfetto di chi è il minore che arriva in qualche modo in Italia senza nemmeno uno dei due genitori. Se non avete visto il film, andate a vederlo.

Chi si occupa di questo piccolo esercito? Tralasciamo per un attimo la politica degli ultimi governi (in particolare il Conte 1 e l’attuale) che hanno fatto e fanno di tutto per rende sempre più difficile prendersi cura di queste persone. Proviamo, almeno per un attimo, a vedere il bicchiere mezzo pieno, perchè a rimboccarsi le maniche e provare a dare un futuro a queste migliaia di ragazze e ragazzi ci sono, oltre alle reti territoriali messe in campo dalle amministrazioni locali (non tutte, non mi modo omogeneo), alcune centinaia di cittadine e cittadini che, loro sì, non hanno voltato le spalle.

La Legge Zampa

Facciamo un passo indietro. La Legge 47 del 2017, “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, meglio conosciuta come Legge Zampa, dal nome parlamentare del PD primo firmatario della proposta di legge, ha istituito la figura del “tutore volontario pro tempore”.

Cittadine e cittadini italiani che a titolo del tutto gratuito mettono a disposizione tempo ed energie per accompagnare il minore nel suo percorso di inserimento: dalla scuola al medico di base, dal rapporto con le burocrazie, alla gestione della quotidianità.

Il tutore, scelto dal Tribunale dei Minori, diventa così un pezzo della rete di accoglienza, che prevede (non sempre, non nella stesso modo) comunità, uffici comunali dedicati, assistenti sociali, mediatori culturali.

Il mio amico Carlo

Carlo Olivero, nella vita si occupa di editoria. Ci conosciamo ormai da parecchi anni ed è stato lui che mi ha fatto conoscere la figura del “tutore”. Lui, infatti, non è solo un tutore, ma è anche presidente dell’associazione “Tutrici e tutori volontari di MSNA del Piemonte e Valle d’Aosta“.

Dove MSNA è un acronimo per “minori stranieri non accompagnati“, ma che può anche essere letto “masnà”, con l’accento. Masnà in piemontese significa “bambino”.

A Carlo, davanti a una birra e a un panino, qualche giorno fa, in piazzetta Corpus Domini ho fatto la domanda dalle cento pistole: perchè hai deciso di fare il tutore di un ragazzo minore straniero?.

Questa la sua risposta. “Matteo Salvini e Matteo Renzi a stretto giro, uno dopo l’altro, era il 2017, hanno detto e scritto che gli stranieri bisognava aiutarli a casa loro. Di fronte a questi discorsi e a un certo modo di affrontare la realtà dei migranti, ho deciso che dovevo fare qualcosa. Non sapevo bene cosa, ma non potevo restare indifferente … una scelta anche politica, per affermare che non ero d’accordo con quei discorsi.

Così Carlo inizia a guardarsi attorno e si imbatte in alcune delle tante comunità, gestite da cooperative che hanno vinto appalti pubblici, che accolgono minori non accompagnati. Inizia a trascorrere del tempo con i ragazzi, a relazionarsi con loro, ad aiutarli nelle piccole cose quotidiane.

C’è il problema della lingua, certo, ma fino a un certo punto. “Ho scoperto che è possibile comprendersi anche se non si parla la stessa lingua. Anzi, te lo dico subito: ciò che ho imparato e compreso in tutta questa esperienza è molto, ma molto più grande del tempo e delle energie che ho messo in campo. Abbattere tutti i preconcetti, ma proprio tutti, verso lo straniero che avevo di fronte, è stato come trovare una nuova parte di me.”

In poco tempo Carlo matura la scelta e si rende disponibile per la fare il tutore volontario. Inizia nel 2018.

È come entrare in una dimensione nuova, dove vivi da dentro il mondo dell’accoglienza: comunità, ufficio minori stranieri, mediatori culturali, tribunale dei minori, Cpia. E soprattutto incontri persone. Ragazze e ragazzi che hanno un vissuto, una storia, un loro modo di intendere la quotidianità, le relazioni. Adolescenti o pre-adolescenti che hanno vissuto un lungo viaggio e superato difficoltà di cui sappiamo poco e che ora sono qui.”

Quanti ragazzi hai accompagnato verso la maggiore età? “Otto. Un ragazzo egiziano, tre senegalesi, due marocchini, un sudanese, un curdo.” Quando ti presenti loro cosa gli racconti?Gli spiego che io sono parte della rete di sostegno che ha attorno. Che il mio compito è camminare accanto a lui nel percorso di inserimento in Italia. Gli dò il mio numero di telefono per chiamare o chattare. Gli dico che insieme agli operatori dei servizi e della comunità lo aiuterò a iscriversi a scuola e che andrò a parlare con i professori, che lo accompagnerò alle visite mediche o per i documenti. Che tocca a lui scegliere la sua strada in Italia, e noi adulti possiamo accompagnarlo e aiutarlo in questo percorso.”

Come fa un padre con un figlio. “I ruoli non vanno mai confusi, io sono soltanto un tutore volontario. Lui un padre ce l’ha o l’ha avuto. Un genitore, una famiglia lui ce l’ha già e quel legame va rispettato e considerato come parte essenziale della sua vita. Al massimo per alcuni sono un amico adulto, lo “zio” italiano, anche se in verità in alcuni casi ho l’età del nonno che lui ha lasciato nel suo Paese d’origine.

Quella di Carlo e degli altri circa 4 mila tra tutrici e tutori volontari, è a tutti gli effetti una scelta di civiltà. La risposta concreta che una persona qualunque può dare di fronte a un tema (quello della migrazione) che la politica ama trattare sempre e solo come un problema. Meglio se emergenziale.

Fingere di non sapere che i nostri bisnonni erano migranti, ignorare che migrare da un posto a un altro, qualunque sia la ragione, è costitutivo del nostro essere persone è immorale. Da anni ormai la politica tagli i fondi per l’accoglienza, pone barriere, ostacoli, cavilli. E lo fa solo per pura e semplice convenienza elettorale. Lucrare sulla pelle dei minori è del tutto intollerabile.

L’ultima follia

Da qualche settimana il Governo Meloni ha stabilito per legge che se un minore non accompagnato arrivato in Italia clandestinamente dopo essere passato al setaccio dei trafficanti non dimostra con un documento valido di avere un’età minore di 18 anni (lo so, fa ridere, se non fosse una tragedia), viene trattato da adulto e perde tutte le tutele che ogni convenzione internazionale prevede.

Sembra di combattere contro i mulini a vento. Non pensi mai di mollare.”No – afferma Carlo con decisione – Ho scelto di fare il tutore volontario perché questa, per me, è anche una scelta politica e di cittadinanza attiva e poi perché questi ragazzi che incontro mi hanno insegnato a rimanere con i piedi per terra, a misurarmi con la realtà. Il confronto con ciascuno di loro, e con culture diverse dalla nostra, costringe anche a ripensare se stessi. Ed è una grande ricchezza.”

Se volete saperne di più, trovate tutto qui e qui.

(Carlo è quello in primo piano nella foto. La foto è stata scaricata dal sito dell’associazione Masnà)

Be the first to comment on "QUELLI CHE NON VOLTANO LE SPALLE"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*