PACE ALL’ ANIMA SUA

Da quando mio padre è morto, nel luglio del 2020, non passa giorno che non recuperi brandelli di memoria che lo riguardino direttamente o indirettamente.

Rocco era un socialista di solida fede pertiniana, operaio addetto alla manutenzione nel reparto Carrozzeria alla Fiat Mirafiori e sindacalista della Uilm con delega alle “categorie protette“.

Se oggi fosse ancora tra noi (era un classe 1935), di fronte alla morte di Silvio Berlusconi (classe 1936) reagirebbe con un semplice: “Pace all’anima sua“. Stop, discorso chiuso. Null’altro da aggiungere.

Del resto furono le uniche parole che il 24 gennaio del 2003, riservò alla morte di Giovanni Agnelli. Uomo che civilmente detestava.

La lotta di classe, in casa Altizio, non è mai passata attraverso gesti eclatanti, ma attraverso piccole prese di posizione e assunzioni di responsabilità. Sorvolando sulle battaglie epocali a difesa del posto di lavoro (i 34 giorni di picchetto che mio padre fece davanti ai cancelli della Fiat, nel mio immaginario, furono qualcosa di paragonabile, sia detto con rispetto massimo, alla Resistenza), rimanevano i piccoli gesti.

Quindi, per noi Altizio figli di immigrati dal sud, era semplicemente impossibile tifare Juve, condividere le posizioni padronali, votare DC alle politiche o PLI alle amministrative (il Partito Liberale torinese era in mano alla famiglia Agnelli) o andare in vacanza il Liguria (dove a Borghetto e Loano si ricreavano i microcosmi peggiori della fabbrica). Tutti però leggevamo La Stampa, che era “la bugiarda”, perchè il giornale della Famiglia non può che raccontare il contrario della verità.

Sebbene Silvio Berlusconi si sia palesato al mondo, quando mio padre era già in pensione (o forse proprio per quello), il Cavaliere divenne per Rocco l’emblema del nuovo capitalismo dal quale prendere tutte le distanze possibili.

In casa Altizio, per esempio, era vietato vedere qualsiasi canale Mediaset e al tifo anti-juventino si sommò quello anti-milanista.

Ovviamente si trattava di una battaglia in parte persa perchè mia madre (che nel 1994 quasi certamente votò Berlusconi, negandolo sempre con una veemenza sospetta) amava moltissimo la nuova tv berlusconiana. Non si è mia persa una puntata di “Dallas” con grande scorno di mio padre.

Il voto politico di Rocco, grazie al Cavaliere, divenne ancora più militante. Digerita con difficoltà la mesta parabola di Mani Pulite e messa in soffitta la sua strutturale diffidenza verso il PCI, puntò tutte le fiches sul PDS di Occhetto, seguendo poi le mille evoluzioni del PD. Tutto per non far vincere mai e poi mai Silvio Berlusconi, che invece vinse spessissimo.

Berlusconi divenne così l’emblema della decadenza culturale (rappresentata dalla tv) alla quale lui non intendeva arrendersi. Anche se, va detto, un’eccezione televisiva c’era: il Maurizio Costanzo Show. A Rocco piaceva Costanzo e piacevano quegli ospiti outsider che sbucavano nella nebbia milanese e che regalavano spesso perle di saggezza.

Oggi si chiude un’epoca politica non proprio brillantissima, che lascia macerie politiche e culturali.

Silvio Berlusconi è morto. Pace all’anima sua.

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