Sarà che è lunedì, sarà che piove, che il cielo su Torino questa mattina è più adatto a un novembre che a un aprile, ma l’avvicinarsi della data fatidica del 4 maggio inizia a generarmi ansia nuova e del tutto indesiderata.
Non ho più voglia di essere immerso in un interminabile (e diciamolo, spesso inutile) reality show dal titolo “speciale Coronavirus” che pervade ogni spazio della mia già di per sè complicata gestione della vita quotidiana.
Voi che avete l’arduo compito di dirci cosa fare come e quando (ve lo siete scelto, potevate pensarci prima di fare gli splendidi in campagna elettorale), avete ancora due settimane per discutere, accapigliarvi, prendere i vostri cento esperti, frullarli e tirare fuori quelle quattro nozioni di base che mi consentiranno di tornare, almeno in parte, a essere ciò che ero.
Non ho più voglia di aprire un quotidiano e leggere ipotesi fantasiose su come torneremo a salire sui pullman, in classe, al lavoro, in spiaggia. Se vedo un’altra volta Burioni (che apprezzo come le cime di rapa sulle orecchiette, quindi moltissimo) da Fazio (che tutto sommato è buono come il sugo della nonna) spacco la tv. Se vedo Borrelli mi tocco, se ascolto Ricciardi mi viene il magone. Quando incrocio l’ennesima pubblicità che mi incita a stare a casa perchè è bellissimo, che ce la faremo, che andrà tutto bene, mi avvento sul telecomando e zappo fino ad arrivare alle televendite del trita carote a 29,90 su Tele Pippo International. Che mi rilassano, le televendite.
Volete che mi scarichi una app che mi tracci da mane a sera? Lo faccio, lo giuro, a patto che la smettiate di seguirmi con i droni e di farmi stampare autocertificazioni come ciclostili carbonari.
Della privacy, è ovvio, me ne fotto. Ve la siete comperata il giorno che ho acceso il primo smartphone, quindi non sarà questa la mia trincea controrivoluzionaria. Uso a palla Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Google, Netflix e Amazon Prime. Puoi capire quale clamorosa violazione della privacy può essere ancora possibile. Ho un algoritmo nel colon e fingo anche di non saperlo. (Vorrei apprezzaste l’uso metaforico del sostantivo “colon”).
Buon lavoro.
Giusto un paio di osservazioni.
A) Burioni
Quando si è diffusa la notizia che ci si era accorti che lo stato iperinfiammatorio non era causato dalla polmonite interstiziale ma dal proliferare di micro trombi nel sistema circolatorio, il nostro ha commentato: è una bufala. Naturalmente NON lo era. E lo dimostra il fatto che appena nelle terapie intensive han cominciato ad andare giù di eparina per sciogliere i trombi diffusi, e diminuire la tempesta citochinica conseguente, i letti delle terapie intensive han cominciato a svuotarsi.
Quando si è diffusa la notizia che tramite la plasmaferesi si potevano ottenere risultati eccellenti, con repentina e completa remissione dei sintomi, il nostro ha sentenziato: fake news, non date retta! Ma Pavia e Padova, che sono in cima al ranking nazionale delle facoltà di medicina, han deciso di non dare retta a lui, invece. E stanno confermando quei risultati.
Burioni è diventato una star ai tempi della battaglia politica sui vaccini. Trasformato dal PD in luminare, da quel Carneade che era. E da allora la stampa si rivolge a lui come fosse Aristotele.
B) App e privacy.
Ma magari il problema fosse la privacy. No, purtroppo il problema è un altro.
Mettiamo che mi installi l’app. Una delle decine di persone a cui mi sono avvicinato in un raggio di svariati metri (la portata di ricezione reciproca del Bluetooth) in occasione delle mie uscite di casa, si scopre positiva al virus. Siccome io gli sono passato di fianco al supermercato, nei pressi di un’edicola, al semaforo, mascherato io e mascherato/a lui/lei, mi mettono in quarantena. Così, a scopo preventivo. E dovrei scaricarla e installarla? Ma col cazzo!
Capisci che i devices bluetooth si riconoscono a una distanza che può arrivare fino a 10 metri? E che io potrei essere stato 10 minuti in coda davanti al super, ed essermi interfacciato via bluetooth con un tizio positivo che però stava otto posti davanti o dietro a me?
O potrei essere stato 15 secondi di fianco a uno, al semaforo, in moto io e in macchina l’altro, e figurerebbe come contatto?
A fronte di uno che si scopre positivo, le persone con le quali è venuto in contatto in una settimana, nei modi in cui si è detto, potrebbero essere centinaia. Moltiplicate per le centinaia di nuovi contagi quotidiani.
Centinaia di migliaia di persone a cui fare un tampone per non obbligarle a chiudersi in casa un mese.
Centinaia di migliaia di tamponi da fare, quotidianamente, che non verrebbero mai fatti. E tu dovresti murarti in casa per essere “venuto in contatto”, in base ai tracciati dell’app.