La ragione per la quale non vado più a messa, oltre a una ormai incolmabile distanza dall’idea che Dio esista come lo immagina il cristianesimo, è la noia che mi attanaglia durante la liturgia. La forza della liturgia, ne sono consapevole, è sita nel suo perpetrarsi nel tempo e nella forma, ma a me questa ripetitività risulta insopportabile.
Scendendo a un livello assai più prosaico, la stessa insopportabile noia mi ha colto poco fa davanti alle immagini del TGR del Piemonte. C’era il solito servizio, del solito corteo Pro Pal antagonista (che della causa palestinese, sia chiaro, se ne fotte, ma la usa, come usa qualunque altra causa che consenta di menare le mani), che ha, come al solito, preso d’assalto la sede Rai, il Politecnico, Palazzo Nuovo etc. etc.
Le solite parole d’ordine, le solite bombolette, i soliti graffiti, le solite uova contro i celerini. Ormai è un fatto generazionale. E come succede di solito, la maggior parte di questi ragazzi, figli e figlie della buona borghesia torinese, tra qualche anno siederà in un qualche luminoso ufficio di una multinazionale (stavolta digitale), di una ex start-up (che gioca con l’IA) o di un prestigioso studio legale. Facilmente avrà una cattedra universitaria, anche oltre oceano, scrivendo libri sugli anni nei quali si era tutti Pro Pal. È la storia della nostra stagione rivoluzionaria più recente, quella di Lotta Continua per intenderci, e sono quasi certo che si ripeterà.
L’unica vera novità l’ho notata in un altro servizio del TGR, quello dedicato allo sciopero nazionale di oggi. C’erano molti lavoratori immigrati che sfilavano. Incazzati, ma composti. Ecco, in questo caso, come per incanto, la noia si è dissolta. Dietro questi lavoratori ci sono istanze decisive e non solo salariali. Questo è un Paese che accoglie con i CPR e manda nei campi di pomodori rinnovando la stagione medievale dei servi della gleba. La loro lotta è una lotta di pura civiltà, di riconoscimento della loro stessa esistenza che, ricordiamolo, è l’unica nuova linfa di una nazione ripiegata su se stessa e destinata (forse per fortuna) a estinguersi in qualche generazione.
Come direbbe il Bufalo Bill di Francesco De Gregori, tra i due cortei, “la differenza salta agli occhi“.
tutto verissimo, bravo Sante
Grazie Dede!