Il Signor G e io avevamo in comune la mamma. Mi spiego: sua mamma cucinava bene come la mia. Anzi, per essere sincero fino in fondo, la sua, aveva anche la capacità di fare piatti sì buoni, ma anche fottutamente belli da vedere. Te li mangiavi anche con gli occhi.
Siamo stati compagni di classe in Terza Liceo classico. Ero reduce da una sonora bocciatura alla maturità, ero molto ammaccato nello spirito e quella classe accolse lo straniero con grande cortesia. Il Signor G fu tra quelli con i quali, quell’anno, credo fosse il 1985, legai di più.
Il Signor G al contrario del sottoscritto, ha studiato e dato senso agli studi. Da vent’anni, infatti, è chirurgo in un ospedale della provincia torinese, oggi trasformato in Struttura Covid 19.
Quando gli hanno comunicato che la sua vita sarebbe cambiata, stava per entrare in sala operatoria: “Questo è il tuo ultimo intervento, dopo si chiude, siamo in emergenza.”
Era il 27 febbraio, appena 7 giorni dopo che tutti noi abbiamo scoperto che sulla carta geografica patria c’è un paesino, in Lombardia, che si chiama Codogno. Il nuovo ombelico del mondo.
Ho chiesto al mio ex compagno di liceo di raccontarmi come sta, come lavora, cosa pensa (ammesso che abbia tempo per pensare). E lui, in nome della vecchia amicizia, ha accettato.
“È dura, caro Sante, drammatica. Qualche giorno fa mi è morta tra le mani una paziente di 75 anni in meno di un’ora. Si è aggravata sotto i nostri occhi a una velocità impressionate. Ieri ne sono morti 3 dei 30 che avevo in un reparto. E in questo momento ho 56 pazienti in Pronto Soccorso, tutti sospetti Covid, e tra i 70 e gli 80 positivi ricoverati. Poi 11 intubati, e una decina in semi intensiva. Come ti puoi sentire?”. Nel cuore di un girone infernale.
Tutti anziani? “Ho anche dei cinquantenni. Ma attenzione, sono molti anni che vedo cinquantenni che hanno patologie gravi e che quindi oggi sono molto a rischio. Non tutti passano la vita in palestra a tonificare cuore e polmoni”.
Cosa provi di fronte a tale disastro?
“Sono in un vortice, fatico a mettere insieme i pezzi. Non ho avuto nemmeno il tempo di capire cosa stava davvero capitando. Dall’alto sono mancati gli input giusti, questo è certo. Anche io ero convinto che fossimo di fronte solo a una influenza più complicata, strana sì, ma non così devastante Questa polmonite interstiziale, in vita mia, l’ho vista 4/5 volte in tutto. Adesso ne diagnostico 10 al giorno. Nessun sistema sanitario, però, dobbiamo essere onesti, può essere pronto a una roba del genere.”
I numeri stanno un po’ calando, c’è luce in fondo al tunnel. “Da qui non si vede Sante, siamo in emergenza costante. E poi come faccio a tirare il fiato? A casa ho un figlio piccolo, mia moglie è infermiera e, ovviamente, non posso andare a trovare i miei genitori. Ho fatto un tampone dieci giorni fa. Era negativo, ma io dovrei farne uno al giorno.”
Quando ti dicono che sei, siete, eroi, cosa pensi? “Mi incazzo tantissimo. Fino a ieri tutti ci hanno sputato in faccia, insultando tutti i giorni il nostro lavoro. Quando sarà finita, vedrai che torneranno a sputarci in faccia. E poi vogliamo parlare delle denunce che fioccheranno contro di noi a bocce ferme? Già succedeva prima, figuriamoci adesso. Guarda, noi qui facciamo solo il nostro dovere e lo facciamo anche se le condizioni sono disperate. L’eroismo non c’entra nulla.”
E dopo? “Nulla potrà e dovrà essere come prima nella sanità pubblica. Dopo questa mattanza molti medici lasceranno il Servizio Sanitario Nazionale, sono pronto a scommetterci. Due miei colleghi hanno già deciso. Sai quanto viene pagato il congedo parentale anche in una situazione come quella attuale? Il 50%. Ma andassero a quel paese, va.”
Grazie Signor G., di tutto. E tanto. Ci vediamo a fine tunnel.
P.S. Una postilla necessaria: lo stipendio di un chirurgo con vent’anni di carriera alle spalle, ad alta specializzazione è di 3.500 euro al mese
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