Il 4 dicembre scorso, gli elettori hanno detto NO a un progetto di riforma che avrebbe inciso pesantemente sulla struttura dello Stato. Coloro che hanno affossato il referendum (D’Alema Massimo, Bersani Pierluigi, Grillo Beppe, Berlusconi Silvio, Salvini Matteo) sostenevano che stavano difendendo la Costituzione, anche se sembrava volessero solo dare un calcio in un culo a Renzi Matteo e Boschi Elena, che quel referendum hanno voluto più di tutti.
Domenica scorsa, un referendum locale (un po’ strambo nei toni, nei modi e nel quesito) che si è tenuto in Lombardia (scarsa affluenza, 38%) e in Veneto (buona affluenza, 57%), voluto da due Presidenti di Regione della Lega Nord, ha crepato il fragile e quanto mai bisognoso di ristrutturazione, muro del totem costituzionale dell’ Unità Nazionale (con il sostanziale silenzio attendista di coloro che il 4 dicembre tuonavano come Giove quando gli girano le palle).
Ho sottovalutato il referendum Lombardo Veneto, lo ammetto. Anzi l’ho proprio considerato una inutile pantomima. Mi sbagliavo. Ieri Luca Zaia, zar del Veneto, ha chiesto lo Statuto Speciale (che nel quesito referendario non era in discussione). Si inizia ad alzare la posta.
Abbiamo affossato senza appello il referendum del 4 dicembre scorso, che avrebbe cercato di dare una sistemata a quel muro traballante, ora (ci vorrà tempo, forse anche un bel po’ di tempo), lo vedremo crollare grazie a un voto d’autunno quasi casuale. La storia è fatta di episodi, come il calcio.
L’Italia, diceva un tipo, è solo un’espressione geografica. Al liceo pensavo fosse solito il solito crucco dall’animo cupo, invece, aveva ragione.
L’Italia è un territorio formato da 20 Regioni e 7978 Comuni, non certo una nazione.
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