Alla fine la più draghiana di tutti è l’unica che in Parlamento gli votava contro un giorno sì e l’altro pure. Giorgia Meloni la settimana scorsa ha ufficialmente scoperto che quando si è al Governo bisogna fare i conti con la realtà. Chi lo avrebbe mai detto? E noi che pensavamo bastasse urlare in spagnolo soy una mujeeeeerrrrr. Vabbè.
Il motivo che lo scorso settembre mi ha portato a votare i Gemelli Diversi, Renzi Matteo & Calenda Carlo, è stato proprio il loro laconico invito a deporre l’ascia dei sogni impossibili e costruire un Paese possibile, consapevoli che se hai un debito pubblico come il nostro, non puoi promettere ciò che non puoi in alcun modo mantenere. L’unica strada percorribile era quella tracciata da Draghi, le altre erano tutte rotte del Titanic.
Ovviamente gli elettori li hanno premiati pochissimo. Molto meglio sognare a occhi aperti. Dalle pensioni a 1000 euro al mese, alla flat tax per tutti, dal reddito di cittadinanza che piove dal cielo, all’abolizione dei jet privati, dal salvifico bonus 110% all’innalzamento del contante.
In cabina elettorale ci siamo sfogati e pazienza se c’è un iceberg a un metro dalla prua della nave. Abbiamo vergato la scheda e con il petto gonfio di orgoglio siamo tornati a casa nella convinzione di avere aperto scenari mirabolanti per il futuro della Patria.
Poi è arrivata la realtà, cioè l’iceberg, puntuale come il cucù svizzero.
Le accise sulla benzina non si possono tagliare, le pensioni si alzano solo per quattro gatti, il reddito di cittadinanza si ridimensiona, la sanità non si migliora, per la scuola, la burocrazia e la giustizia si vedrà più avanti. Se va bene si mantiene lo status quo. Questo per un motivo molto semplice: non c’è un euro disponibile per coltivare sogni. Di nuovo: chi lo avrebbe mai detto?
Il problema però è che adesso a gestire il bilancio non c’è più un ex presidente della BCE, ma una giovane donna che sta cercando, pare per la prima volta in vita sua, di fare i conti con la realtà.
Siamo a metà gennaio e se quel simpatico vacanziero della politica che risponde al nome di Giuseppe Conte non avesse fatto comunella con Mister Papeete per far cadere in anticipo il governo Draghi, oggi avremmo ancora Super Mario a gestire la cassa pubblica e dare senso alla realtà. Non è una differenza da poco.
La scadenza naturale della legislatura era fissata per marzo 2023, ma visto che a noi elettori piace sognare montagne verdi manco fossimo Marcella Bella a Sanremo, abbiamo accolto con un certo giubilo la fine anticipata della legislatura. Ne avevamo le scatole piene di uno che ne capisce di economia, che ha sempre una risposta (spesso quella giusta). Meglio qualche scappato da casa prestato alla politica. Ci assomiglia, lo capiamo, la sua ignoranza ci conforta.
In molti mi hanno dileggiato (e mi dileggiano) per questa mia recente passione per i Gemelli Diversi, soprattutto tra gli amici del Partito Democratico, che ho sempre votato (con rare eccezioni) fin dai lontani tempi in cui si chiamava Partito Democratico della Sinistra.
A distanza di tre mesi dal voto, il PD è come una zattera alla deriva in cerca di un qualche approdo verso il Congresso dell’ennesima rifondazione. Il suo ex segretario è riuscito in poche settimane a farsi sfilare consensi sia da Rocco Casalino (il ventriloquo dell’Avvocato del Popolo), che da Matteo Renzi, il suo nemico più caro.
La zattera potrebbe affondare tra un mese con il voto regionale di Lazio e Lombardia e a quel punto il Congresso del Partito Democratico, che si celebrerà dieci giorni dopo, sarà solo una vera resa dei conti dove non si faranno prigionieri. Il campo largo, che è già un campo minato, si trasformerà così in un campo santo.
Il sogno riformista è in coma profondo, la sinistra si è suicidata da un po’ (il caso Soumahoro ne è la triste prova) e alla fine gli unici ad avere qualche carta da giocare in alternativa al Governo Meloni sono proprio i Gemelli Diversi.
Perché, checché se ne dica, quei due la politica la fanno, non la subiscono. Magari non andranno lontano, hanno limiti caratteriali enormi, ma almeno non sono fermi. Non rimangono inchiodati a osservare da vicino il proprio ombelico, ma provano addirittura a tracciare un orizzonte di buon senso.
Forse, a settembre, quel voto è stato più utile di quanto immaginassi. Forse.
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