Stamattina su Corriere.it ho letto che in Piemonte le mascherine saranno distribuite gratuitamente dalla Regione (bene), ma non prima di metà-fine maggio (andate a fare la cacca in un prato di ortiche). Simpatici umoristi.
Noi siamo messi così. Dopo due mesi di quarantena e 2600 morti per Covi19, discutiamo ancora di mascherine.
Ci ha pensato Gabriella (il mio medico di base) a tirarmi su il morale con un whatsapp: “Ho qualche paziente Covid che curo a casa, ma nessuno mi preoccupa. Da due settimane non devo ricoverare più nessuno“. Un’altra spintarella me l’ha data Davide (il libraio più bravo della galassia) “Sono un po’ di giorni che quando passa un’ambulanza ci faccio caso. Qualche settimana fa era un continuo“. Non è una frase buttata a caso, attorno alla sua libreria gli ospedali non mancano.
Ognuno ha i suoi Bollettini di Guerra. E fa i conti prima di tutto con quelli. Non fanno statistica, ma regolano l’umore.
Ho pedalato dalle 9 e 15 alle 13, consegnato un po’ di libri a domicilio e ho notato molta più gente in strada del solito (non benissimo). Devo dire tutti (o quasi) con le mascherine (bene). Nell’incertezza, il piemontese medio preferisce, imitare un cinese vivo, che inveire contro i genitori di Cirio Alberto da una terapia intensiva.
Il motore della città scalpita, è palpabile. C’è una strana calma frenetica nella gestualità, negli sguardi, nei passi sui marciapiedi. Inutile stupirsene.
Abbiamo, è vero, assaporato per due mesi il piacere di una agenda vuota da impegni, il tempo libero dal lavoro e dalla scuola. Ma abbiamo anche scoperto le ansie per un’attività bloccata, la follia degli affetti separati. Abbiamo sperimento il dramma di non poter vivere il dolore di un lutto, e la gioia di una festa.
Abbiamo fatto finta di credere che una videoconferenza è bellissima, una videochiamata appagante, lo smart working irrinunciabile, un affetto a distanza gestibile, il Po finalmente pulito un obiettivo primario.
Sono balle. Tutte balle.
Voglio la vita di prima e la voglio tutta, con tutte le sue mille imperfezioni. Voglio il traffico delle 8 e l’agenda impazzita. Voglio vedere i colleghi per una lunga e inutile pausa caffè, in una riunione che non ha alcun senso, voglio poter piangere a un funerale e ridere a un matrimonio, voglio incazzarmi in un ingorgo in tangenziale per i lavori in corso che non finiscono mai e tornare a odiare la Juve con serenità. Voglio vedere i miei figli, non voglio più auto certificare nulla a nessuno. Voglio ubriacami in compagnia dei miei amici, mangiare al ristorante fino a non poterne più, voglio il diritto di fingere di essere come Abebe Bikila o Fausto Coppi perchè una volta settimana corro al parco e qualche volta inforco la bici.
Quando vado a dormire non ho più un pensiero felice che sia uno. Sogno robe assurde, talmente assurde che non posso nemmeno definirli incubi.
Voglio vivere come prima. Però sì, lo so, che per un po’ come prima non sarà. Non so nemmeno come sarà, essere come prima.
Voglio almeno sognare, come prima.
Stupendo e vero… Per me poi il come prima è 4 anni fa… Pensa
… anni difficile davvero Sere 🙁
Bene, ricominciamo a sognare.❤
Bellissime considerazioni.
Io sono stordita,, perché qui (Spagna – Barcellona) il come prima tarderà molto, ma molto. E ritornerà lo stato di povertà dei primi anni post franco.
Hai ragione Carmen. Sarà dura… 🙁