La prima volta non si scorda mai, è vero. Soprattutto quando hai superato i 50 e pensi che poche cose potranno ancora stupirti. Invece è successo. Ho corso per 10 chilometri senza fermarmi mai, l’ho fatto insieme ad altri seimila bipedi, per lo più runner veri, con un unico obiettivo: arrivare vivo al traguardo.
Mi sono iscritto tempo fa per sostenere un’iniziativa di solidarietà del CISV in Senegal. Visto che non sono riusciti a sopprimermi in Niger, ci hanno riprovato. Mattacchioni di cooperanti.
Occasionalmente corro al parco, ma non correvo più da mesi. Dieci giorni fa, resomi conto dell’incipiente via Crucis che mi aspettava, ho abbozzato corsette preparatorie al parco di Grugliasco e di Collegno. Cinque, max sette chilometri, giusto per vedere se le gambe avrebbero retto almeno con decenza.
Domenica 31 marzo, perplesso, mi sono presentato alla partenza, ligio alla promessa solidale. E sono partito insieme al gregge colorato e festante.
Che ve lo dico a fare? Mi sono divertito come un bambino, ho corso per 10 chilometri senza fermarmi e l’ho fatto pure con un certo decoro. Poco più di un’ora. Davo il 5 ai bambini che applaudivano per strada, godevo come un riccio nel vedere che il centro città era fermo in attesa che anche io passassi, salutavo i fotografi, facevo il gesto del cuore con le mani manco fossi Totti al derby, mi guardavo attorno e vedevo un’altra città. E la fatica? Poca. Correvo. Semplicemente. Tenevo un ritmo che mai il mio Map My Run aveva registrato. Sorridevo, facendo qualcosa che mai, data una stazza più da fruitore di serie Tv che da maratoneta, avrei pensato di fare: correre per 10 km felice di farlo.
Ora, però, c’è un però. Va bene tutto, ma l’adrenalina non sarebbe bastata a portarmi fino al traguardo vittorioso. Dovevo motivarmi, trovare sul campo una strategia, un doping pulito che mi facesse spingere un po’ di più e non pensare alla fatica. La soluzione era semplice, lì davanti a me, a portata di occhio.
Il mondo della corsa, anche amatoriale, vede, per fortuna, una folta presenza femminile. Domenica erano tantissime le runner. La maggior parte assai più veloci, preparate e performanti di me. Quindi mi superavano in scioltezza, offrendo, assai spesso, solidissimi argomenti di osservazione al bolso cinquantenne.
Qualche secondo di ristoro visivo nei momenti in cui la fatica affiorava minacciosa, ha permesso di vincere la mia piccola sfida. Il fattore C, nella vita, conta tantissimo, neelle grandi, ma anche nelle piccole cose.
Lo so, non è politically correct, chiedo scusa alle runner, nessuna esclusa, ma l’ho fatto per una buona causa. Spero nella clemenza della corte.
Anzi, in attesa della sentenza, sostenetela anche voi la mia buona causa africana: QUI.
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