“… Del resto, mia cara, di che si stupisce? anche l’operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente che può venir fuori: non c’è più morale, contessa…“. È il verso di una canzone del 1966, mio anno di nascita. Si intitola Contessa. L’ha composta e cantata Paolo Pietrangeli.
Non sono un operaio, non ho mai lavorato in una fabbrica. Però lo ha fatto mio padre, per tutta la vita. Avere un padre baracchino della Fiat, a Torino, modifica il DNA. Osservi, pensi, decidi avendo sempre in mano i suoi occhiali: quelli dell’operaio metalmeccanico.
Ecco perchè, mia cara, sono orgoglioso che il 2024 mi abbia regalato una figlia dottore, e per quanto mi riguarda il bilancio del mio Anno Sante potrebbe chiudersi qui. Positivo che più positivo faticherei a immaginarlo.
Poi, certo, ci sarebbe tutto il resto. Solo che, per una perversione dei nostri tempi, dietro quel “tutto il resto” troveremmo solo e sempre il lavoro. Invece no. Sticazzi del lavoro.
Ho voglia di ricordare l’anno che si chiude per l’affetto profondo che mi ha circondato. La famiglia, prima di tutto. Che è più larga di quanto potessi anche solo immaginare un tempo, ma che proprio in virtù di questa estensione ha costruito legami dei quali ignoravo l’esistenza.
Poi c’è l’amicizia. Si dice che gli amici veri li puoi contare sulle dita di una mano. Invece no, di nuovo. A me di mani non ne bastano due, forse nemmeno tre. È cosi da tempo e così è stato anche quest’anno.
Se è vero che la precarietà è mia fedele compagna di strada, è anche vero che l’affetto delle persone care è stato il cemento che mi ha consentito di tenere insieme i pezzi, di resistere, di non lasciare il passo alla tentazione della resa, addirittura di rilanciare.
L’Anno Sante 2024 è stato quindi un anno buono grazie all’amore e a tutti i suoi derivati. Sono un uomo fortunato, è bene che me lo ricordi più spesso.
Vi auguro la stessa fortuna.
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