Ricordate quella gustosissima gag nella quale Cecco Zalone in “Cado dalle nubi” scopre a modo suo che un bambino apparentemente muto, muto non era?
Il silenzio dei giovani rivoluzionari di casa nostra di fronte alla mattanza siriana perpetrata dal Figlio di Assad (degno erede del padre), amico fidato di altri due assassini del calibro di Vladimir Putin e Ali Khamenei (a loro volta sodali di altri due figli di madre ignota come Kim Jong-un e del leader di turno di Hamas), immagino sia dovuto solo a mutismo selettivo. Proprio come quel bambino.
Con frequenza degna di nota, da moltissimi atenei occidentali si levano grida a difesa del popolo palestinese, che da oltre un anno si trova sotto le bombe dell’esercito israeliano. Al netto di ogni possibile valutazione politica, il governo di Bibi Netanhyau ha le mani lorde di sangue innocente. I morti civili, tra cui troppe donne e bambini, sono decine di migliaia. Dubito che saremo mai in grado di avere un computo ufficiale e credibile di questa ecatombe. Netanyahu e il suo governo dovranno renderne conto.
Una domanda però sorge spontanea e alle mie orecchie suona necessaria: perchè la culla della cultura occidentale tace di fronte a ciò che le cronache, da una Siria per la prima volta aperta ai media dopo mezzo secolo, raccontano?
Quando sostengo che dietro l’uso strumentale del sostantivo “genocidio” nei confronti dell’azione militare in corso a Gaza, sia funzionale solo a sminuire il valore storico della Shoah e che ai Pro Pal non importa quasi nulla del destino di un popolo martoriato, ma interessa eccome scardinare l’idea che Israele abbia diritto di esistere, mi riferisco proprio a questo mutismo selettivo che (non da oggi) accompagna i manifestanti in servizio permanente effettivo.
L’asse Assad-Putin-Khamenei risulta loro più digeribile rispetto a quella Casa Bianca-Unione Europea. Da notare che le prime tre sono dittature o teocrazie, le altre due democrazie elettive piuttosto rodate. Eppure va così.
Dal mutismo selettivo si guarisce? No. Nemmeno è dovuto. La possibilità del dissenso ad minchiam rimane un caposaldo democratico dal quale non recederei nemmeno in cambio della certezza di vedere l’Inter vincere la Champions League fino alla fine dei tempi.
Resta però, secondo me, un elemento culturale da valutare: la lenta inesorabile fine dell’Occidente nato nel 1789 e arrivato a noi. L’hanno postulata tanti filosofi, storici e scrittori. Consiglio la lettura dell’intervista rilasciata qualche giorno fa da Michel Houellebecq (nella foto) al “Corriere della sera“. La trovate qui.
Ne riporto solo un breve uno stralcio. Buona lettura.
“…una volta sono persino andato a una manifestazione pro-Palestina, per capire. Non c’erano molti arabi, a dire il vero. C’erano soprattutto giovani antagonisti, e qualcuno dei loro genitori bobo. Era talmente contronatura. Perché non possiamo certo dire che l’islam auspichi l’emancipazione dei poveri. È così lontano dalla logica marxista che era quella della gente di sinistra. Quella gente aveva letto Marx, erano strutturati. Strutturati in senso marxista, un po’ ottusi, ma strutturati. In quel che succede oggi non riesco a vedere altro che una specie di senso di colpa, di volontà di scomparire, di pulsione suicida“.
Dal mutismo selettivo alla pulsione suicida, il passo è breve.
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