A. è una studentessa fuori sede. Vive a Torino dalle parti di Largo Cincinnato, zona nord della città. Non è Manhattan, ma non è il Bronx. Zona popolare e popolosa, venuta su insieme al sogno del lavoro in fabbrica negli anni Cinquanta e Sessanta.
Ci siamo sentiti via whatsapp perchè ha una storia da raccontare, un’altra di quelle storie che ribadiscono due piccole verità. La prima: il genere maschile ha ancora molta strada da fare per superare una volta per tutta l’idea di essere geneticamente superiore al genere femminile. La seconda: se a un piccolo uomo permetti di esercitare anche solo un piccolo potere, non potrà che andar male.
I fatti. Siamo in un supermercato di periferia, uno si quelli che garantiscono spese intelligenti. Ottimi prezzi e molto vicino a casa. Perfetto per A. Questo il suo racconto.
“È più o meno un anno e mezzo che vivo a Torino per studiare e ogni settimana vado a fare la spesa al supermercato. Vado a piedi con il carrellino che usano anche gli anziani.
A metà aprile dopo un lunghissimo giorno di tirocinio e di raccolta dati per la tesi, decido di andare a fare la spesa, passando prima a casa a struccarmi perché mi era entrato qualcosa nell’occhio (sembra un dettaglio, ma non lo è).
Entro al supermercato stanca e con la speranza di fare presto, ma il nuovo addetto alla sicurezza non vuole che porti il mio carrellino con me. Provo a dirgli che vengo ogni settimana e non ho mai creato problemi (all’inizio della mia vita a Torino avevo chiesto se potevo entrare con il carrellino), ma lui ha insistito, trattandomi anche con sufficienza. Ero davvero tanto stanca così ho ceduto senza far valere le mie ragioni. Nel supermercato non hanno i carrellini piccoli, ma solo quelli che vanno a uno o due euro e io ovviamente non avevo moneta…
Quindi dopo aver pianto davanti ai carrelli e prima di rientrare (il mio livello di stanchezza era al limite) ho fatto la spesa prendendo solo lo stretto necessario. Poi solo fuggita a casa distrutta, continuando a piangere.
La settimana successiva, non con leggerezza, sono tornata agguerrita a fare la spesa con il mio carrellino, pronta a difendermi e forte delle mie ragioni: fuori non c’è scritto “vietato entrare con il carrellino”, sono sempre entrata, vengo a piedi, non ho moneta e che poteva controllare la mia spesa all’uscita tranquillamente. Ma lui non c’era. Comunque ho fatto la spesa con la tachicardia.
Oggi sono tornata sperando di non trovarlo, invece c’era. Mi sono fatta coraggio e sono entrata. Lui mi ha puntata e fermata. Allora io inizio gentilmente a spiegare le mie ragioni. Alla fine mi dà il permesso e aggiunge: “solo perché oggi sei carina“.
Alla cassa in uscita faceva il simpatico, la metteva in burla. Sorridevo, tacevo e facevo il più velocemente te possibile a mettere la spesa nel carrello. Non vedevo l’ora di andare via.
Adesso sono a casa a sentirmi sbagliata e stupida perché mi faccio questi problemi, ma comunque una cosa è certa: non andrò più a fare la spesa serena.
Per chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui, sono scema io? Lo so che ci sono problemi ben più grandi e potrei cambiare supermercato, ma perché dovrei? Tanto se sono carina e sorridente con lui posso entrare no?….“
A. è sicuramente più forte della stupidità dell’addetto alla sicurezza in oggetto, ma da uomo (padre e marito) c’è un aspetto che mi inquieta particolarmente: sono certo che se quel “security man” (che fa sentire a disagio le clienti del supermercato che lo retribuisce) leggesse queste righe non capirebbe. Sarebbe stupito, incredulo, certo della solidarietà del mondo che lo ricorda. Direbbe che è A. ad avere travisato le sue parole e che anzi dovrebbe esserle grato perchè l’ha fatta entrare infrangendo le regole.
Neanche fossimo al Checkpoint Charlie di Berlino durante la Guerra Fredda. Invece siamo a Torino, maggio 2024. L’unica è confidare nella forza della tante A. che ogni giorno devono fare i conti con l’addetto di turno, perchè noi, da soli, non ce la facciamo.
Chiedere di parlare con il direttore del supermercato? … e in caso di insoddisfazione rivolgersi direttamente all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’azienda? Credo il fatto in sé potrebbe risolversi e il “security man”, in seguito farebbe meno lo spiritoso… per quanto riguarda cambiare la mentalità, credo ci vorrà un po’ più di tempo.
Ha vinto il senso di vergogna. “Vado protesto e poi cosa succede?”. Il fatto in sé è “piccolo”, è solo uno dei mille aspetti di un problema più ampio. Ciò che mi ha più colpito, però, è stata la reazione non sempre solidale del mondo femminile nei commenti su FB. “Non una di meno”, però…