IL PERFIDO GIUDEO

Ho la sensazione che il mondo, almeno quello che ho conosciuto, si stia inesorabilmente sgretolando.

Il mio mondo non era certo perfetto, ma aveva il pregio di farmi credere che il futuro sarebbe stato migliore del presente.  

Quella stagione è finita. Anzi, se la osservo da vicino, vedo che si è capovolta. Il futuro adesso mi fa paura e il presente non mi piace più. Non credo sia colpa dell’età che avanza e se lo è, lo è solo in parte.

L’INCUBO INFINITO

Tutto è iniziato con la pandemia. Un incubo lungo due anni. Poi è arrivato il 24 febbraio del 2022 con la guerra in Europa. Infine il pogrom del 7 ottobre scorso, che ha aperto la più grave e incerta crisi mediorientale dal 1948.

Le immagini dei miliziani di Hamas che armati e indisturbati entravano in Israele, facevano strage di civili nei kibbutz di confine, rapivano uomini, donne e bambini per fare ritorno a Gaza tra ali di folla in festa, hanno messo definitivamente fine alla speranza che io possa vedere a breve un mondo migliore di quello nel quale ho vissuto fino a qualche anno fa.

La pandemia, la guerra in Europa, il ritorno della caccia all’ebreo

GLI EBREI. ANCORA

Tre fatti diversi, ma con qualcosa in comune. Mentre il Covid mieteva vittime in Germania, a Colonia, sono comparsi dei volantini che titolavano: “Abbiamo davvero un problema di coronavirus? O abbiamo un problema ebraico?”. Uno dei pilastri ideologici dell’invasione dell’Ucraina, come Putin ha più volte ripetuto, poggia sulla certezza che “Zelensky è un ebreo messo a capo di Kiev per coprire la glorificazione del nazismo. Dopo il pogrom del 7 ottobre abbiamo sentito e letto più volte che gli ebrei, in fondo, “se la sono cercata“.

Gli ebrei. Ancora. 

Anche se non lo vogliamo ammettere, l’antisemitismo è vivo, vegeto e lotta insieme a noi. Torna ogni qual volta se ne presenti l’occasione. Meglio se ci sono di mezzo i palestinesi. Un popolo che da decenni è preso a calci da quasi tutto il mondo arabo (giordani, siriani, egiziani, libanesi e via discorrendo) senza che questo porti in piazza, nel mondo libero, un solo manifestante che reclami per i loro diritti negati. Manca l’ebreo. Se manca l’ebreo, se non sfoggiamo almeno un po’ di antisionismo (la versione cool and smart dell’antisemitismo) è più difficile scendere in piazza. Al netto della tragedia in corso in questi mesi a Gaza, noi siamo fermi al “perfido Giudeo“.

IL PERFIDO GIUDEO. ANCORA

Conosco pochissime persone di religione e cultura ebraica. Una di queste è A. 

Abbiamo condiviso molti anni fa un pezzo di vita scolastica. Poi ci siamo a lungo persi di vista. Non posso certo dire che siamo amici in senso stretto, però c’è sempre stata stima reciproca. Un raro sentimento laico che ha permesso al legame di allora di resistere nel tempo.

Le ho scritto su whatsapp e le ho chiesto se avesse voglia di raccontarmi il suo stato d’animo. Credevo mi mandasse a spalare meliga. Invece no, ha accettato. Ci siamo incontrati nel suo studio. Lei (A. È una donna) non me lo ha chiesto, ma le ho promesso l’anonimato. 

Quella che segue è la sintesi di una chiacchierata lunga un’ora. Spero sia utile a voi quanto lo è stata a me. 

LA FINE DEL MITO

Partiamo dal 7 ottobre?

È stato uno shock Sante, ci ho messo un po’ a realizzare cosa stesse davvero capitando. Quando se n’è iniziato a parlare ho subito chiamato i miei cugini che vivono in Israele, ma anche loro avevano poche informazioni.  Solo sapere che un migliaio di terroristi armati stavano sfondando i confini e mettevano a repentaglio la nostra sicurezza è stato un trauma dal quale ancora oggi non mi sono ripresa.

Nostra?

Sì, nostra. Anche se non sono israeliana, anche se vivo a Torino, per me Israele è “casa”. Il sionismo non è un sentimento che posso definirti con razionalità. Uso sempre il “noi” sebbene sia nata in Italia, perchè il legame che sento con quella terra è viscerale. Conta poco il fatto che abbia vissuto in Israele per qualche tempo e che abbia scelto anche di avere anche un passaporto israeliano. Per la maggior parte di noi ebrei, da quelli della diaspora a quelli che non ci sono mai stati, Israele  è comunque “casa”. 

Spiegami meglio.

Ti faccio un’esempio. Mia mamma è atea, così sua mamma e suo padre, i miei nonni. Al Tempio non ci va mai. Sebbene il suo rapporto con Israele sia profondamente laico, quello che è successo il 7 ottobre l’ha traumatizzata esattamente come ha traumatizzato me. La ragione è semplice: se hai vissuto l’Olocausto e lei lo ha vissuto, lo vuoi dimenticare. Il 7 ottobre, invece, glielo ha ricordato. 

Israele come casa, vera o ideale, di chi è scampato alla Shoah.

Esatto. Il 7 ottobre però è crollato il mito della sicurezza dello Stato di Israele nato dopo la Shoah. Com’è potuto accadere? Per la prima volta dal 1948, anche se siamo abituati alle guerre, alle rivolte, agli attentati, ci siamo sentiti e ci sentiamo davvero in pericolo. Conviviamo con vicini che ci vogliono annientare, lo sappiamo. Per noi è la normalità. Per questo abbiamo sempre cercato di prestare massima attenzione alla nostra sicurezza. Aveva funzionato. Ora quella certezza si è sgretolata.

Quando ne hai preso coscienza?

Quando ho visto i primi video delle ragazze rapite mi sono pietrificata. Ho pensato che l’annientamento di Israele fosse arrivato, e con esso l’annientamento di tutti noi. 

LA PAURA CHE TORNA

Hai paura?

Sì. Attorno a me c’è il silenzio assordante di tutti coloro che sanno che sono ebrea e che quindi hanno  stabilito che sono colpevole di quanto avviene a Gaza. Non ti nascondo che ho paura di dire che sono ebrea, di rispondere a una eventuale domanda in tal senso. Se rispondo ““, poi cosa succede?  Qualche giorno fa è passato a trovarci un conoscente da Israele. Camminavamo per le vie del centro parlando in ebraico. Le miei figlie erano terrorizzate, avevano paura che capissero che siamo ebrei. Non era mai successo prima. Mai. 

Cosa hai pensato quando hai visto la reazione di Israele all’attacco di Hamas?

Ho pensato che la devastazione di Gaza non porterà alla fine di Hamas e la paura non finirà. Nè lì, nè qui. Però fin dal primo momento era chiara quale sarebbe stata la nostra reazione. Il trauma collettivo e la rabbia erano e sono talmente soverchianti da rendere qualsiasi altra opzione impraticabile. Era quello che voleva Hamas, ovviamente. Una trappola perfetta nella quale siamo caduti, ma forse alla quale nemmeno potevamo sottrarci. Dal mio divano torinese forse è possibile fare considerazioni diverse, magari ponderate, ma se vivi in Israele molto meno. In questo momento anche l’opinione pubblica più moderata, pur detestando il Governo di Netanyau, che è ritenuto il vero colpevole di quanto avvenuto il 7 ottobre, non si tira indietro. La ferita è troppo profonda. 

GLI OSTAGGI, SCOMPARSI DUE VOLTE

Parliamo degli ostaggi.

Perchè? A qualcuno interessano gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas? Questo è un’altro di quei pensieri che tolgono il sonno. Il dolore di quelle famiglie è scomparso dai radar dell’opinione pubblica e sinceramente non saprei nemmeno spiegarti il motivo. O meglio: se osservi bene è sono l’antisemitismo che torna. È inutile che mi raccontino che esiste differenza tra antisionismo e antisemitismo. L’antisionismo è solo l’antisemitismo con un nome che pesa meno sulla coscienza, ma la sostanza è identica. Quello che sto vedendo in queste settimane non è il solito periodico rigurgito antisemita che spunta ogni volta che Israele reagisce a un attacco, questa volta è molto diverso. 

Israele avrebbe potuto reagire in modo diverso?

Non credo. Noi pensiamo a Gaza come a una città come altre del Medio Oriente, ma non è così. Hamas ha costruito una città sotterranea nella quale agisce indisturbata, in grado di arrivare in Egitto e in Israele. A fare da scudo umano, in superficie, la popolazione civile. Sai quanti ospedali ci sono a Gaza? Mi risulta siano ventitré. Torino ha solo quattro grandi ospedali. Quanti di quei ventitré ospedali non sono veri ospedali?

IL NEMICO E GLI AMICI DEL NEMICO

Veniamo ai palestinesi.

Capisco che ci detestino e fossi nei loro panni, se avessi vissuto la nakba, forse coverei gli stessi sentimenti di odio. Però credo dovrebbero rendersi conto che il vero problema per loro è Hamas, non Israele. Hamas prospera grazie alla guerra, che è l’unico strumento politico che riconosce e il popolo palestinese è solo un’arma in mano ai terroristi. Nulla di più. 

Un popolo che cresce educato all’odio verso di noi, come può affrancarsi da un fardello simile? E poi dove sono i dirigenti di Hamas? Sono lì accanto al popolo palestinese a condividerne la sofferenza o sono tranquilli a Doha in qualche albergo di lusso a godersi lo spettacolo?

Però Sante a fronte di tutto ti assicuro che provo davvero una pena profonda verso i bambini e le donne palestinesi, la cui sofferenza è reale, profonda e ci interpella.

Da qui partono le tante manifestazioni “pro pal” anche in Italia.

Certo, ma posso dirti una cosa in merito?

Puoi.

Molti giovani scendono in piazza con grande veemenza contro Israele. Poi si eclissano. Non mi sembrano interessati a nessuna battaglia per i diritti propri o altrui. Penso al lavoro, alla crisi economica, al diritto allo studio. Su questi temi, che credo nodali, sono molto tiepidi. All’improvviso però si sentono paladini dei diritti dei palestinesi. Da almeno vent’anni le nuove generazioni sembrano infischiarsene di tutto e di tutti, nulla pare sconvolgerli, invece ora sono attivi anche nelle università per boicottare Israele. Solo Israele, bada. Non Iran, Russia, Cina e via discorrendo. Perchè?

Forse perchè parliamo di oltre 30 mila morti palestinesi a Gaza.

Lo capisco, ma la mia perplessità rimane. Un ruolo non da poco lo hanno i media che verso Israele hanno una posizione sempre durissima.

Molti di questi giovani che scendono in piazza parlano di genocidio. Cosa ne pensi?

Per me che sono qui solo perchè mia madre è scampata alla Shoa, è difficile dare una spiegazione. Nella follia che è questa guerra, Israele non ha l’obiettivo di annientare un popolo, ma di sconfiggere definitivamente Hamas. Sinceramente non riesco a comprendere perchè si usi il termine genocidio per raccontare quanto sta capitando, se non per screditare il nostro passato. 

LA LEZIONE DI GOLDA

Finirà mai?

Abbiamo fatto la pace con Giordania ed Egitto ed eravamo a un passo dalla pace con l’Arabia Saudita. Un percorso c’era ed era avviato. Il pogrom del 7 ottobre ha cambiato tutto. Golda Meir diceva “La pace arriverà quando gli arabi ameranno i loro bambini più di quanto odino noi.” Spero che quel momento arrivi, nonostante tutto.

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