Un mese fa migliaia di miliziani di Hamas sono entrati con la forza in Israele e, armi in pugno, hanno fatto strage di circa 1500 civili. La ritorsione dell’esercito israeliano è stata immediata e le conseguenze, soprattutto sulla popolazione palestinese, sono terribili e note.
Tra le tante conseguenze (ancora da misurare) di questo nuovo conflitto, ce n’è uno secondario: la “sparizione” della guerra in Europa dai media. L’invasione russa dell’Ucraina, che è iniziata 620 giorni fa, non è più una notizia rilevante. Cos’è successo?
Ho chiesto un parere a Orio Giorgio Stirpe, colonnello della NATO in congedo e analista militare, che fin dall’inizio della guerra nell’est Europa, ha seguito i movimenti dei fronti con grande attenzione. La sua pacatezza e la sua precisione ne hanno fatto una delle voci più autorevoli tra quelle che cercano di raccontare l’aggressione all’Ucraina.
Quello che segue è il risultato di uno scambio di mail tra il colonnello e me.
Colonnello la guerra tra Hamas e Israele rimescola ulteriormente il quadro geopolitico. Però colpisce la sparizione del conflitto in Ucraina dal radar dei media. Eppure quel conflitto è ben lontano da trovare una soluzione. Cosa ne pensa?
Il problema è la percezione che hanno i media degli eventi, che non corrisponde con l’importanza degli stessi. La guerra a Gaza è percepita come più vicina perché “familiare”, mentre quella in Ucraina è ancora qualcosa di incompreso. Inoltre in Ucraina la situazione è stabile, mentre quella a Gaza “promette” più novità.
Siamo di fronte a due guerre che, sulla carta, sono distanti, anche se entrambe ci riguardano e ci vedono coinvolti. Sono davvero due guerre diverse o la distanza tra Mosca e Teheran, che muove le redini di Hamas a Gaza, è quasi nulla?
Sono due guerre che più diverse non potrebbero essere. In Ucraina abbiamo un conflitto simmetrico, convenzionale, ad alta intensità e con caratteristiche di guerra totale, che coinvolge due Nazioni molto grandi e popolose e il cui esito condizionerà la storia futura di una larga fetta di mondo.
A Gaza abbiamo un conflitto estremamente asimmetrico, limitatissimo, ad alta intensità, ma a tempo chiaramente limitato, con caratteristiche più di polizia che di combattimento, che coinvolge popolazioni ristrette in uno spazio molto piccolo e che non cambierà niente della situazione esistente nella regione in cui si verifica.
Molto probabilmente esiste una connessione, in quanto Gaza offre una diversione rispetto alla guerra in Ucraina e per la Russia di Putin potrebbe costituire un vantaggio. Per Teheran invece costituisce un problema, e secondo me ha allontanato le due dittature fra loro invece che avvicinarle (l’Iran non voleva questa nuova crisi in questo momento, la Russia sì.).
Abbiamo imparato nostro malgrado a comprendere cos’è una guerra di logoramento. Quella asimmetrica che l’esercito israeliano conduce a Gaza invece ha molte incognite. Dove può condurre?
La guerra condotta da Israele non ha nulla a che fare con l’attrito: un conflitto asimmetrico condotto dalla potenza convenzionale (in questo caso Israele) non è mai di attrito (lo è se l’iniziativa appartiene alla parte asimmetrica), ma cerca l’effetto decisivo in tempi rapidi.
Purtroppo però le limitazioni oggettive del conflitto a Gaza (in termini di spazi e di obiettivi militari) sono tali che non permetteranno un risultato decisivo. L’esito probabilmente sarà la distruzione militare di Hamas che però sopravviverà politicamente, e quindi dopo l’inevitabilità del ritiro israeliano (in un mese o in un anno non fa differenza) si tornerà alla situazione precedente con un livello di astio reciproco ancora maggiore.
Dopo ottant’anni di pace, in Europa sembra che si sia tornati in pochi mesi “al secolo breve”. Si ha quasi la sensazione della pallina che rotoli sul piano inclinato del conflitto senza possibilità di essere fermata.
La guerra in Ucraina ha cambiato la situazione mondiale , quella a Gaza ha solo confermato un trend frustrante in una regione specifica. La guerra a Gaza non è significativa a livello storico purtroppo, mentre quella in Ucraina lo è eccome, in quanto porterà o alla decadenza dell’Occidente o al collasso della Russia di Putin.
Dal suo punto di vista, quanto può durare una guerra come quella che i russi stanno conducendo in Ucraina? Al di là del dato politico, esiste un problema economico e di reclutamento per entrambi gli schieramenti. Fin dove ci si può spingere?
In termini strategici ritengo che l’Occidente metterà in campo abbastanza risorse da cercare di porre fine al conflitto in Ucraina PRIMA delle elezioni americane di Novembre 2024. Non è detto che ci riesca, ma lo vedo molto probabile.
Lasciate a sé stesse, Ucraina e Russia appaiono motivate ad andare avanti a oltranza, ma le rispettive energie sono limitate e più il conflitto si prolunga più si rallenta e si raffredda, fino al punto di “congelamento”, che conviene alla Russia e non all’Ucraina, soprattutto se rimane isolata. Se invece il sostegno occidentale dura, prima o poi le risorse materiali ucraine supereranno quelle russe.
Esiste un momento nella dottrina militare di guerra in cui si stabilisce che non “conviene” più proseguire la guerra?
Il momento esiste, ed è quando il potenziale militare di un contendente che NON ha ottenuto il risultato minimo desiderato scende al di sotto della capacità di migliorare la situazione: a quel punto conviene ricercare una soluzione diplomatica. Ma anche se esiste questa convenienza, non è detto che il contendente in oggetto prenda una decisione logica: può benissimo prendere quella irrazionale di continuare ad ogni costo… E’ il caso attuale della Russia. Il problema è che la pace si fa in due, mentre per fare la guerra basta che la voglia una parte sola…
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