Quando un anno fa l’Associazione degli Editori decise di abbandonare il Salone del Libro di Torino e di farne uno tutto suo a Milano nelle stesse date e in diretta concorrenza, ero tra quelli che erano certi (o quasi) che per il salone fosse scoccata l’ora del de profundis.
Mi sbagliavo di brutto. Tempo di Libri è stato un mezzo fiasco (ci sono stato, sembrava la copia in piccolo del Salone, con poca gente e un cartellone classico, tradizionale, senza picchi e, cosa grave assai, senza scolaresche a scorazzare tra gli stand). Milano, reduce dai fasti dell’ EXPO, della Settimana della Moda e di tutto quello che volete, ha sbagliato un rigore a porta vuota.
E mentre in Piazza Duomo scoprivano di essere bravi a gestire le sfilate delle modelle, ma non degli scrittori, Torino, messa all’angolo sfoderava un campioncino ignoto ai più: Nicola Lagioia. Avete presente quando Zamparini prese lo sconosciuto Cavani? Ecco , quella roba lì.
Accanto a Lagioia abbiamo schierato Giuseppe Culicchia, mezz’ala dai piedi buoni (un Oriali, per dire) e con un contropiede da paura, Milano è costretta a giocare in difesa e a vacillare.
Il Salone che verrà (da giovedì) è ricco, dinamico, diffuso. Mancheranno alcuni big dell’editoria, ma ci saranno decine e decine di piccoli e medi editori che non vogliono solo vendere, ma vogliono promuovere la lettura e tutto ciò che la circonda.
Chi vincerà la Prima Guerra del Libro lo sapremo tra una settimana, quando vedremo se il pubblico risponderà come ci si attende. Per quello che conta farò la mia parte, combatterò nella trincea di Autori Riuniti, come BookPostino.
Vi aspetto lì. Portate munizioni.
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