Per un interista di lungo corso come il sottoscritto la definizione Sergente di ferro ha un unico rimando: Eugenio Bersellini, allenatore nella stagione dello scudetto del 1980.
Poi qualche anno fa, grazie ad amicizie comuni, ho conosciuto Silvia e il mio storico rimando è cambiato. Da allora, per me, è lei il Sergente di Ferro. Con buona pace della mia fede nerazzurra.
Meno di mezzo secolo portato splendidamente e una tenacia da far invidia al più caparbio suonatore di campanelli tra i Testimoni di Geova, Silvia è una Dirigente Scolastica dello Stato in quel di Torino.
Coordina la vita di quattro scuole con quasi 200 dipendenti e più o meno 2000 ragazzi, dalla materna alle medie.
Se ne parla poco, ma il Covid19 non ha travolto solo la sanità pubblica, ha dato un colpo terribile all’altro caposaldo del nostro Paese: l’istruzione.
Da lunedì 24 febbraio le scuole di ogni ordine e grado sono chiuse e, ad oggi, nessuno sa con certezza quando e se riapriranno i battenti. La didattica frontale è compromessa.
Silvia, quindi, che si fa? “La scuola è viva Sante, non si molla di un centimetro. La scuola è fisicamente chiusa, ma è aperta, eccome se lo è“. Inutile dire che il suo tono è perentorio, sento i tacchi delle reclute battere all’unisono in sottofondo.
“Una settimana dopo la serrata, tutte le classi medie lavoravano on line. Tra qualche giorno anche le elementari avranno la possibilità della didattica digitale. Stiamo tutti lavorando da casa. Docenti e personale di segreteria“.
Cavoli, tutto bene quindi? Conoscendola, immagino la risposta. “No, per nulla. Questo caos ci ha messo di fronte al nostro analfabetismo digitale. Noi insegnanti abbiamo perso un’occasione importante con la Buona Scuola, e ora ne paghiamo le conseguenze“.
Silvia, non dirmi che sei renziana, altrimenti mi menano. “Nemmeno per sogno, ma Renzi i soldi nella scuola li ha messi e ci voleva obbligare, giustamente secondo me, a comperare almeno un device e a seguire corsi di formazione gratuiti per imparare anche a usare stì cavolo di programmi per la didattica a distanza“. Invece? “Invece nella stesura finale dei decreti l’obbligo è scomparso e troppi di noi hanno perso l’opportunità di formarsi bene e gratuitamente. Oggi ne avremmo tutti un gran beneficio“.
Come ci si sente a far fronte a questo scenario inimmaginabile? “Lavoriamo pancia a terra. Ho il deviatore di chiamate sul mio cellulare. Suona di continuo. Arrivano le domande più disparate, non importa. Che si sappia che la scuola non si arrende. I ragazzi spero lo abbiano capito; nessuno di loro è stato abbandonato.”
Quando ne usciremo, perchè prima o poi ne usciremo, avremo imparato qualcosa? Silvia rimane un po’ in silenzio, sento la pentola a pressione fischiare. “Vuoi la verità, vuoi che ti parli a cuore aperto?“. Sì. “Sai quando cambierà qualcosa? Quando un genitore desidererà che il propio figlio non faccia l’ingegnere, l’avvocato o l’influencer, ma l’insegnante. Alla scuola manca il riconoscimento di un ruolo per la collettività e fino a quando qui non confluiranno gli elementi migliori della società, sarà inutile immaginare un futuro radioso post Covid19. Mi spiego?” Perfettamente Silvia. “Ora scusa, devo andare, ho un genitore in linea“.
Dalla seconda linea della guerra contro il Corona Virus è tutto.
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