Sono quattro anni, circa, che cerco di convincere me stesso che i cattolici hanno il senso dell’umorismo. Fatico ad arrendermi. Mi sento come il classico soldatino giapponese che persosi nel buco del culo di una qualche foresta di un qualche isolotto del Pacifico, crede ancora che Hirohito sia in guerra con gli Stati Uniti.
Nel 2012 ho scritto una sitcom su un prete per una tv cattolica. Anzi: per LA tv cattolica: TV2000. Progetto abortito sul nascere (orrido verbo, ma rende l’idea). “Non c’è più il posto in palinsesto” (la motivazione ufficale). “Come reagirà il nostro pubblico abituato a santissime messe e rosari da Lourdes, a una sitcom su un prete, dove, per giunta, si ride?” (quella reale).
L‘idea non era male: osservare un ufficio parrocchiale, raccontare la vita quotidiana di un prete, che è solo, incasinato, circondato da problemi reali e gente reale. E ridere di ciò che gli succede, ma con rispetto. Il giusto rispetto.
Quella roba lì l’ho vissuta per trent’anni, nella mia parrocchia a Torino. E poi ho scritto decine e decine di fiction, reportage, storie a carattere religioso. Sono dinamiche la conosco bene. La volevo raccontare. Ma non è bastato. La tv cattolica ha tremato.
La Ecclesia Ridens non può esistere. Alla faccia della lieta novella che una volta annunciata rende liberi e felici gli uomini.
Vabbè. Teologia a parte, per non perdere il lavoro fatto, l’ho trasformata in una web serie, nuova frontiera della produzione audiovisiva low budget.
La prima stagione è andata in porto. Ci ho rimesso un bel po’ di soldi (in proporzione alle mie risorse), ma ne è valsa la pena. No, meglio dire: ne è valsa la pena?
Il mondo cattolico (intendo i media, i movimenti laicali, le associazioni, i religiosi, i sacerdoti) non mi ha degnato di uno sguardo. Solo qualche singolo religioso e qualche giornalista di area che mi conosceva, che conosceva il progetto, che ha condiviso il punto di vista, mi ha dato una mano. E poi ci sono stati circa 200 sostenitori (persone qualunque: amici, colleghi, amici di amici) che hanno aderito a una campagna di crowdfunding.
Ho raccolto 10 mila euro. Con quelli, più altri quasi 2 mila arrivati dalle mie tasche, ho pagato tutti: attori e tecnici. Il centro di produzione per il quale lavoravo allora, mi ha fornito un po’ di attrezzatura e un montatore. Aggratis.
Quindi. Ribadisco: ne è valsa la pena?
Sì. Anche se è un peccato (anche in senso teologico) che i cristiani (se i cattolici non ridono, figurati i protestanti) non abbiano il senso dell’umorismo e dell’ironia. Che non conoscano il piacere rilassante di non prendersi troppo sul serio. Dovremmo andare tutti a lezione dai cugini ebrei (citofonare: Ovadia Moni), invece di seguire le orme del ramo musulmano (quelli poi… lasciamo perdere, che mi arriva in casa il fondamentalista rincoglionito, armato di Corano nella destra e AK47 nella sinistra).
Quindi? Quindi sono così pirla che tento il bis.
Provo a fare una seconda stagione della mia sitcom, ancora per il web, ancora con una campagna di crowdfunding. Ho iniziato da un mese. Il mondo cattolico (quello che “conta”) conferma il suo atteggiamento: silenzio tombale. Ma fino a fine febbraio non mi arrendo.
Credo che da qualche parte l’ Ecclesia Ridens ci sia. La voglio scovare
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